La questione salariale, l’impoverimento di chi lavora certificato dall’ISTAT e sperimentato da tutte e tutti ogni giorno, non possono più essere taciuti.
Del resto, anche la giurisprudenza tramite alcune importanti pronunce ha francamente affermato il fallimento del metodo concertativo adottato dallo Stato, con la complicità di sindacati amici – Cgil Cisl Uil, ovviamente, non altri – che da anni firmano contratti che prevedono livelli salariali definiti incostituzionali dalla stessa giurisprudenza perché inadatti a remunerare la quantità e qualità del lavoro svolto e perché insufficienti ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa a chi lavora e alle proprie famiglie, in palese contrasto con l’art. 36 della Costituzione.
Chi oggi ostinatamente tenta di rilanciare la concertazione, che ha portato solo danni e iniquità, e ancora promuove quel modello di relazioni industriali che ha visto Maurizio Landini a braccetto di Confindustria e di tutti i Governi non farà che un altro buco nell’acqua.
La CUB – Confederazione Unitaria di base, nata libera dai condizionamenti politici, dei partiti di governo come di quelli extraparlamentari, da sempre promuove azioni di tutela dei diritti, ha di recente presentato un reclamo in merito al salario minimo e al reddito di cittadinanza per una nuova legislazione di garanzia (clicca qui).
Ora il Comitato Europeo per i diritti sociali ha giudicato ammissibile il reclamo della CUB. Un risultato importantissimo perché è la prima volta che in Europa un sindacato procede in tal senso, mettendo in discussione l’esito dei contratti firmati dalle organizzazioni sindacali riconosciute, nonostante il Governo italiano abbia tentato di sbarrare la strada al reclamo insistendo sulla non rappresentatività della CUB, primo sindacato di base in Italia con centinaia di migliaia di iscritti.
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