Nel mese di giugno scorso, il Rettore prof. Molari, ha avviato l’iter di revisione dello Statuto di Ateneo e a tal fine ha nominato un gruppo di lavoro che avremmo piacere di incontrare, magari in una assemblea pubblica.
L’attuale Statuto promana dall’applicazione della Legge 240/2010 (detta Legge Gelmini) che ha introdotto, tra le diverse innovazioni, una nuova configurazione del sistema di governance e di assetto degli organi istituzionali. L’attuale Statuto è stato deliberato nel 2012 durante il Rettorato del prof. Dionigi; mentre il Rettore prof. Ubertini durante il suo mandato non ha ritenuto procedere ad una rivisitazione dello stesso sugli aspetti che riguardano la rappresentanza del personale TA.
Soffermandosi pertanto sui soli temi che interessano la componente del personale TA, rispetto al precedente assetto statutario pre-Gelmini, il vigente Statuto ha escluso dalla partecipazione al Consiglio di Amministrazione la rappresentanza diretta del personale TA (prima erano previsti 4 componenti elettivi) ed ha introdotto la Consulta del personale TA, quale organo compensativo alla perdita della diretta partecipazione in CdA, ma meramente consultivo.
Inoltre, con il nuovo Statuto si è prevista la partecipazione all’elezione del Rettore da parte del personale TA con voto pesato (1/18).
Quello che importava alla Legge Gelmini, al Rettore e alla commissione per la riforma dello Statuto di allora, era rafforzare il ruolo del Rettore (lo definimmo un Re più che un Rettore), con unico mandato di 6 anni, prevedere un CdA ridottissimo di solo 11 componenti (5 componenti interni in rappresentanza del personale docente nominati dal Senato Accademico, 2 rappresentanti degli studenti e 3 componenti esterni all’Ateneo – non dipendenti – nominati formalmente dal Senato, scelti con le modalità dell’art. 7, comma 5, dello Statuto, senza alcun intervento diretto da parte del personale TA).
Ricordiamo che la presenza in CdA, prima della revisione statutaria ha permesso ad ogni consigliere in rappresentanza del personale TA di intervenire sulla “ciccia” delle decisioni dell’Ateneo, cioè su tutte le pratiche (normative, contabili, finanziarie, punti organico, etc..) di competenza. Questa agibilità avveniva in seno al CdA al momento del voto, ma soprattutto permetteva al consigliere di partecipare alla formazione della decisione essendo componente delle commissioni specifiche (bilancio, personale, didattica, etc..) che elaboravano ed istruivano le varie pratiche sugli argomenti all’ordine del giorno.
Tutto questo non è più possibile con l’attuale Statuto. Gli interventi dell’attuale rappresentanza istituzionale del personale TA sono di “seconda mano” e solo consultivi.
A distanza di circa 10 anni dalla riforma di Statuto di Ateneo, è evidente la perdita di “peso politico” della componente del personale TA nell’ambito delle decisioni e delle scelte attuate dal Rettore e dal CdA.
CUB, sin dalla prima discussione della riforma di Statuto, con i consiglieri Zago e Lopriore, in merito alla rappresentanza del personale TA, aveva espresso un principio molto chiaro e semplice: la rappresentanza democratica si esplica solo con l’elezione diretta della propria componente. Ogni forma mediata ne mina e ne riduce il significato stesso e porta a disaffezione del metodo democratico.
Nella sostanza, CUB chiedeva:
– la conferma della presenza del rappresentante del personale TA in seno al Consiglio di Amministrazione, indicato tramite elezione diretta;
– la conferma dei rappresentanti del personale TA in Senato Accademico e sempre in coerenza con il principio democratico,
– la partecipazione al voto per l’elezione del Rettore senza alcuna pesatura.
Questo assetto, molto più lineare e diretto, sulla base delle regole di scambio dettate dall’alto farebbe venir meno le ragioni sottese che portarono all’introduzione della Consulta del Personale TA, organo elettivo, pesato per categoria di personale e meramente consultivo.
Noi di CUB restiamo fautori convinti della democrazia diretta della propria rappresentanza, ogni tentativo di mediare questo principio indebolisce la componente che la subisce o l’accetta.
Crediamo che l’esperienza degli ultimi 10 anni, non solo dell’Ateneo di Bologna, ha cambiato in peggio gli equilibri della nostra componente nei confronti degli altri attori istituzionali. Riteniamo che si sia perso molta della nostra visibilità, considerazione e peso politico.
Quindi, semplicemente, auspichiamo che l’attuale dibattito sulla riforma dello Statuto dell’Ateneo, nella parte che interessa le modifiche all’assetto della nostra rappresentanza tenga ben presente le istanze chiare e semplici che come CUB abbiamo espresso allora e che convintamente riconfermiamo.