Con una perseveranza e una celerità sospette, nel mezzo di una perdurante emergenza sanitaria e sociale, Unibo, con un accordo firmato dai soliti sindacati, gli stessi dell’accordo del 2017 (ora in preda al dramma dei distinguo), sta predisponendo il bando per il Telelavoro. Di questo, e del suo fratellino mostruoso, lo “smart working” (leggi: del lavoro futuro a cottimo), abbiamo già parlato e di nuovo parleremo.
Qui però vogliamo focalizzarci su un punto emerso dai monologhi del DG e della dott.ssa Corradi in mondovisione Unibo il 29 ottobre.
Proviamo a illustrare le cose per punti, partendo dal ragionevole presupposto che il periodo emergenziale sarà prorogato come minimo ad aprile/maggio 2021:
1) entro fine novembre gli interessati dovranno partecipare al bando di Telelavoro, che verrà concesso, in base a graduatoria, per tutto il 2021.
2) A coprire una grossa parte dei 500 posti di Telelavoro messi a bando saranno i lavoratori/lavoratrici “fragili”, ovvero con situazioni certificate di salute (disabilità, o assistenza a familiari con handicap, etc..) che danno, giustamente, diritto molti punti nella selezione.
3) Molte di queste persone sono oggi in LAE (emergenziale), anche in considerazione di questa “fragilità”, per molti, quando non tutti i giorni della settimana.
4) La dott.ssa Corradi nel corso della “trasmissione” ha chiarito due concetti:
a) LAE e Telelavoro sono incompatibili. Chi sceglie di partecipare al bando di Telelavoro, e lo ottiene, ha la “certezza” del telelavoro per i 12 mesi del 2021, ma rinuncia al LAE per il periodo emergenziale (per inciso, anche al buono pasto).
b) Il Telelavoro non ha limiti fissati a priori sul numero di giornate telelavorate, ma “la modalità mista TL e presenza si è dimostrata la più efficace”, e, siccome è un contratto tra due parti, è improbabile che il Responsabile sia disposto a concedere 5 giorni su 5 in Telelavoro [la citazione non è testuale, andiamo a memoria e a senso]. Ma forse non ne concederà neppure 4, oppure 3. Dinamiche già note per chi ci è passato.
Se mettiamo insieme i punti precedenti e li uniamo con un trattino, cosa otteniamo? Che le persone, anche e forse soprattutto di categorie fragili (quelle cioè che hanno la quasi certezza di accedere al Telelavoro), che vogliano mantenersi aperta la possibilità di poter lavorare da casa tutti o quasi tutti i giorni durante il periodo emergenziale, è meglio che non facciano domanda di Telelavoro. Perché, se sarà approvata tale domanda, non potranno più chiedere il LAE per le giornate residue (1, 2 o 3 che siano) nel periodo emergenziale.
Altrimenti detto: proprio le persone “fragili” su cui è cucito il bando di Telelavoro saranno quelle più punite sul versante del lavoro in presenza durante l’emergenza! Come se Telelavoro e LAE fossero due lussi, da poter “concedere” solo separatamente!
A noi pare una situazione paradossale e inaccettabile. Di fronte a ciò chiediamo che Unibo si impegni a concedere il LAE per le giornate residue, per tutto il periodo emergenziale (sia esso gennaio, febbraio… maggio….) a chi otterrà il telelavoro e si trova in situazione di fragilità.
Ancora meglio sarebbe: fermare questa assurda macchina, la cui velocità è inspiegabile e pericolosa, e spostare tutto il procedimento sul Telelavoro alla fine dell’emergenza, quando tutti saremo più sereni per affrontarlo.
Questo “pugno nell’occhio” è emerso in modo lampante durante la “trasmissione in mondo visione”, e ci premeva rendervene conto immediatamente. Seguiranno altre comunicazioni su tutta la materia delle forme di lavoro flessibile: Telelavoro/smart working/lavoro agile emergenziale.
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