1) La prima è una storia d’imposizione. C’è un programma che funziona, certo come tutto può essere migliorato, a cui colleghi e colleghe sono abituati, che non disturba né altera la loro quotidianità lavorativa. Si tratta di uno strumento a uso interno, insomma mica da “terza missione” o da marketing (come sono invece le ingombranti animazioni del sito istituzionale, per capirci), e dunque deve solo funzionare – proprio come funzionava. Però con totale indifferenza si decide di cambiarlo, e già che ci si è di imporre nel nuovo programma funzioni restrittive, come per esempio il giustificare ogni piccolo ritardo, gravando tanto il dipendente quanto il responsabile di un nuovo, inutilissimo, lavoro. Per non parlare del fatto che il nuovo programma con tutta evidenza è stato lanciato senza essere adeguatamente testato, e in tanti si trovano in difficoltà, e vorrebbero continuare a usare presenzeweb… Sembra quasi che sia stato imposto soprattutto per far vedere “chi comanda”.
2) La seconda è una storia di esternalizzazione. Il programma che usavamo fino a ieri, facilmente usabile e piuttosto “orientato all’utente” era “©Copyright 2006 ALMA MATER STUDIORUM”; quello che ci viene ora imposto è “©GPI Group S.p.A.”. Insomma ciò che era nel pubblico e a uso del pubblico viene conferito al privato; il che significa che risorse che prima restavano dentro ora fluiscono fuori (è il concetto dell’ “outsourcing”), e vanno verso aziende che hanno il loro, certo legittimo, scopo di profitto.
3) La terza è un po’ più complessa, ma merita almeno un pensierino. GPI è azienda di successo, il suo amministratore delegato è stato fino poco fa presidente di Confindustria Trento nonché nel 2024 insignito del Cavalierato. Tanto di cappello! Tra gli investitori in GPI (con non meno del 17% del capitale sociale) c’è Cassa Depositi e Prestiti.
Cdp la conosciamo tutti: raccoglie gran parte del risparmio postale delle persone semplici come noi, lavoratori e pensionati. Per lungo tempo è stata uno strumento per il finanziamento di investimenti pubblici; dal 1994 in poi viene progressivamente privatizzata, e di conseguenza opera in una logica privatistica. Ci sono state campagne per modificare questa rotta di Cdp, ma la politica neoliberale si è imposta.
Una banca pubblica finanziata col risparmio dei cittadini potrebbe, per esempio, acquisire immobili da ristrutturare e farne studentati esclusivamente pubblici, senza alcuna esigenza di rapida messa a profitto. Cdp investe in studentati privati (qualcuno li chiama “studentati di lusso”)… Oppure una banca pubblica potrebbe finanziare lo sviluppo di software “in proprio” al servizio della PA; Cdp investe in ditte private che vendono i propri servizi software alla PA, come sappiamo…
L’orientamento di Cdp, anche quando opera per il pubblico, è al profitto; quella “che per oltre 140 anni era stato un ente di diritto pubblico al servizio delle comunità è oggi una holding che controlla diverse società” – come si può leggere qui.