MAI PARLARE CON IL PERSONALE PRIMA CHE OGNI DECISIONE CHE LO RIGUARDI VENGA ADOTTATA.
SOLO DOPO, “CONDIVIDERE” PER IMPORRE.
ERGO: OGNI RIORGANIZZAZIONE È UN GUAIO PER IL PERSONALE SE NON PARTE DAL PERSONALE
Care Colleghe, cari Colleghi,
nel corso di un recente incontro sindacale, la Delegazione di parte pubblica ha presentato le linee di indirizzo per il riassetto dell’Amministrazione.
Per dovere di trasparenza, anche a seguito dei proclami di altre sigle, sembra doveroso precisare che la presentazione delle suddette Linee di indirizzo era stata programmata in occasione del precedente incontro con la delegazione di Parte pubblica (14 luglio u.s.), ma era stata rimandata in favore della “prosecuzione” della trattativa per il Contratto integrativo 2022.
Dettagli a parte, condividiamo certamente con le altre sigle la critica ai tempi e alle modalità di condivisione, se così si può dire. Nel suo intervento introduttivo al tema, la DG ha espresso chiaramente una visione del valore pubblico proiettata verso la società esterna, ma ha anche e soprattutto evidenziato il profilo dell’elevazione del benessere organizzativo interno (cit.).
ATTENZIONE: avete presente la rilevazione del benessere organizzativo che viene periodicamente fatta, vero? Bene, abbiamo già capito quale sia una parte “debole” del ragionamento.
Neppure le “buone intenzioni” che lastricano questi percorsi argomentativi riescono a fornire un adeguato alibi alle mancanze procedurali a cui l’Amministrazione continua a tentare di abituarci, nonostante gli obiettivi specifici del Piano Strategico di Ateneo sulla centralità delle persone.
A cosa ci riferiamo esattamente?
Va preliminarmente chiarito che CUB non ha interesse alcuno nell’assicurarsi che cadano o non cadano queste o quelle teste, posto che sempre le persone vanno rispettate.
Se da un lato c’è una “razionalizzazione”, registriamo che è l’ennesima e che – come tutte le precedenti – manca di ogni elemento utile a comprendere come sia stata progettata. Chi ci ha lavorato? Con quale esperienza o competenza? Con quale idea in testa? Con quali risultati da conseguire? Con quali leve da utilizzare?
Sul piano della macrostruttura non abbiamo chiari i parametri utilizzati per la progettazione, eppure vediamo diverse nuove posizioni dirigenziali.
Per capirci: l’attuale assetto presenta uno squilibrio fondamentale tra decisione, responsabilità, catena di comando, riconoscimento di ruoli organizzativi coerenti. Questo squilibrio non pare in nessun modo centrato dalle linee proposte, che si concentrano sulla allocazione di attività in ambiti operativi secondo un criterio di presunta omogeneità, rispetto alle finalità del piano strategico di Ateneo.
Nondimeno, questa riorganizzazione senza “testa” è pure priva di piedi (la mente e le braccia di chi lavora).
La domanda è: come è possibile pensare una riorganizzazione che sia anche un miglioramento del clima relazionale in assenza evidente di una ricognizione fatta bene degli effettivi carichi di lavoro, delle attribuzioni agli uffici e dei compiti delle Colleghe e Colleghi che ci lavorano, senza tralasciare il livello di formazione e le competenze dei singoli?
Ciò che vale senz’altro per il profilo macro delle Aree è ancor più vero relativamente ai contesti più piccoli, come settori e uffici. Si sta infatti agendo, anche in maniera risoluta, sulla macrostruttura, senza aver però prima analizzato attentamente la microstruttura.
Abbiamo in sintesi una riorganizzazione di cui non viene correttamente resa comprensibile la “testa” (e dunque non sappiamo dove guarda) e che ignora metodologicamente le braccia operative che dovrebbero farla funzionare.
Come che sia, abbiamo chiesto per l’ennesima volta SE, e soprattutto QUANDO, sarà dato il giusto rilievo del livello micro.
Su questo la DG ha annunciato futuri incontri sul tema, fornendo alcuni elementi di dettaglio sulle aree tecniche, ritenute quelle all’evidenza più critiche (gestione spazi, manutenzione, logistica), cosa che equivale, all’incirca, a calciare la palla in tribuna, in attesa che l’arbitro fischi la fine.
Ad ogni modo, in merito a queste aree la DG ha confermato che il tavolo tra dirigenti è già avviato e si è detta certa che alcuni dei dirigenti interessati abbiano già avviato confronti con capisettore e capufficio, addirittura sottolineando come per talune tematiche non si riescano a risolvere i problemi che emergono a meno che non si parta dal basso, “salvaguardando ogni persona su cui l’ateneo ha investito come formazione ma anche le professionalità che ogni singolo si è andato conquistando ogni giorno” (cit.) e auspicando una riscoperta di questo “tesoro acquisito” nonché l’eliminazione totale delle co-assegnazioni.
Tutto molto bello, ma non-accompagnato da misure organizzative e contrattuali appropriate, che ad esempio riconoscano il “tesoro” di esperienza accumulato negli anni. Per esempio, le PEO in UNIBO penalizzano l’esperienza, il c.d. “tesoro”.
In linea con queste dichiarazioni, chiediamo (di nuovo) alla Governance un impegno formale di analisi dei carichi di lavoro, delle forme di coordinamento richieste (oggi davvero eccessive), delle attribuzioni di ruoli e incarichi, nonché linee procedurali effettive e verificabili che prevedano il confronto con le lavoratrici e i lavoratori.
Il personale TA, che mette in atto i servizi e i processi da riorganizzare, non ha solo sete “di sapere del proprio destino” ma anche e soprattutto di essere legittimamente e magari dignitosamente coinvolto nei processi che lo riguardano.
Il Magnifico Rettore e gli altri/e candidati e candidate ricorderanno benissimo la viva partecipazione del personale TA ai dibattiti in tema di organizzazione svolti durante la scorsa campagna elettorale: idee e iniziative dal basso in UNIBO si sprecano, mentre “a sistema” risultano ancora assenti l’ascolto e la considerazione se non in calce o a seguito di decisioni prese dall’alto.
E non è la prima volta: oltre al problema dei carichi di lavoro, all’incontro con l’Amministrazione abbiamo anche segnalato come la perpetua riorganizzazione crei un PESO per tutti (cfr. comunicato del 22.11.2019).
Cara Governance, un umile consiglio, semplice semplice: dar voce alle Colleghe e ai Colleghi, e soprattutto saper ascoltare. La decisione viene dopo, non prima.
Un sano “basta-riorganizzazioni” e “prima-il-personale” non sono sufficienti.
Occorre costringere l’Amministrazione a “spiegare” le sue decisioni prima che le adotti e a configurare i risultati attesi in modo che l’azione di riorganizzazione sia misurabile: perché chi la propone si assuma esplicitamente ogni responsabilità.
E occorre che l’Amministrazione dialoghi sull’organizzazione con chi l’organizzazione LA FA FUNZIONARE, NONOSTANTE ABBIA GIÀ SUBÌTO LE RIORGANIZZAZIONI DELLE TESTE D’UOVO DI TURNO.