Alla fine del primo decennio del 2000 tutto si blocca. Causa la crisi economica globale, i sacrifici ancora una volta vengono posti sulle spalle dei lavoratori: per ora (un’ora che dura anni) niente più aumenti salariali sui contratti nazionali, niente più progressioni economiche sugli integrativi. Entra in azione la famigerata “Brunetta”.
È bene dire subito che se questo “blocco” sarà per “tutti” i dipendenti pubblici, in realtà non sarà così per tutti; ad esempio, i nostri colleghi docenti, salvo un breve periodo, continueranno ad avere i loro scatti biennali come da normativa e contratti nazionali. Ma si sa, qualcuno è sempre più uguale degli altri… e l’Università, in fondo, è cosa loro.
Nel 2015 la legge Madia apre alla possibilità che gli Enti pubblici possano, attraverso i contratti integrativi, ripartire con le progressioni economiche orizzontali. Così fanno i Ministeri, molti enti locali, varie AUSL, diversi Atenei; l’Università di Bologna NO e non aprirà a questa possibilità fino al 2019.
Questa scelta aziendale, che le varie Governance bolognesi spacciano come un percorso virtuoso (sono/siamo sempre i migliori), viene sostenuta dai sindacati concertativi (in particolare CGIL e CISL) che firmano, anno per anno, integrativi a costi quasi zero per l’Ateneo (salvo il ritocco di alcuni istituti) e ad “incassi” zero o quasi per i dipendenti TA.
L’ultimo integrativo 2021 ha visto, a grande sorpresa, la mancata firma di CGIL (forse per “vendicare” la mancata elezione di un loro rappresentante in Senato Accademico?), la solita firma CISL (sempre “coerente” al suo appiattimento filo-aziendale) e il ritorno alla firma di UIL (probabilmente per il motivo opposto a quello della mancata firma CGIL, visto il premio elettorale in SA).
Fra l’altro, la tempistica della firma, avvenuta di gran fretta in giugno, con una amministrazione in scadenza (il nuovo Rettore sarebbe stato eletto la settimana successiva e il suo entourage avrebbe preso carica il 1° novembre), ha avallato la costante scelta aziendale di una Governance scaduta (i 6 anni di Ubertini), invece, almeno, di attendere per un opportuno confronto con la “politica” e le promesse elettorali del Rettore entrante.
CUB non ha mai firmato questi contratti negli ultimi 12 anni, non per mero spirito di contrarietà, ma per l’evidente ingiustizia sindacale di queste politiche aziendali. E lo ha fatto sostenendo una battaglia dura e a viso aperto, indicando costantemente percorsi alternativi da cui recuperare le risorse necessarie agli aumenti (riduzioni di IMA, FORD, indennità di responsabilità, straordinari) durante le trattative con l’amministrazione.
Si è tentato anche di dialogare con gli altri rappresentanti sindacali, cercando di rilanciare il ruolo delle RSU, perché dovrebbero essere le Rappresentanze Sindacali Unitarie a decidere, a maggioranza, e a firmare gli accordi integrativi. Ma i sindacati confederali, CGIL e CISL in testa, ne hanno sempre bloccato l’azione, non presentandosi alle riunioni, così da invalidarle per mancanza di numero legale. Verrebbe quasi da chiedere perché si affannino tanto a chiedere il voto, oggi, per un organo che non rispettano e al quale, costantemente, impediscono di lavorare.
A tutto ciò si aggiunge l’esasperante lentezza con cui queste PEO si svolgono in questo Ateneo, per non parlare dei criteri fortemente sbilanciati rispetto alle reali anzianità di servizio e a dispetto di una parità di trattamento. Infatti, ad oggi la platea di coloro che sono progrediti nella categoria è di circa 1100 in 3 anni; questo dato comporta che, mantenendo questo trend, gli ultimi colleghi (siamo circa 3000 TA) faranno PEO solo fra 5/6 anni. E ciò creerà, sta già creando, una ingiusta e netta disparità fra i primi colleghi “premiati” e gli ultimi “castigati”. È bene anche ricordare che stiamo purtroppo parlando di aumenti di scatto di categoria mediamente davvero risibili, se poi raffrontati al peso economico ricaduto sulle famiglie in questi lunghi anni di crisi.
Per questo CUB ha proclamato lo stato di agitazione e indetto lo SCIOPERO AZIENDALE del 18 novembre!
CUB si batterà ancora e con più forza sul tema delle PEO (aumenti stabili e pensionabili), per arrivare almeno entro 2 anni al passaggio di tutti coloro che ne hanno diritto e per garantire la ulteriore possibilità di progressione con una cadenza periodica ravvicinata e costante.
Per fare ciò, occorre fare quello che proponiamo da anni, a livello di contratto integrativo:
- rivedere le modalità di costituzione del fondo accessorio, perché solo in Unibo non ci sono stati nemmeno gli aumenti extra limite previsti dal CCNL;
- rivedere la politica, tutta aziendalistica, di affidamento di un sempre maggior numero di incarichi di responsabilità, riducendone, non poco, il numero, anche basandosi su criteri di necessità reale e qualità;
- ridurre le poste fisse (IMA, Indennità di Responsabilità, FORD) per alimentare le risorse per le PEO;
- ridurre le ore di straordinario, spostando quelle risorse e compensando le necessità lavorative con nuove assunzioni.
Oltre a ripensare interamente l’impianto dell’integrativo per mobilitare maggiori risorse per le PEO, servirà ridare un senso ai criteri di attribuzione dei passaggi. Perché tali criteri devo essere agganciati all’anzianità di servizio e a null’altro.
SU TUTTO: occorre ripristinare la democrazia sindacale affinché siano i lavoratori a scegliere tramite referendum se il Contratto aziendale sia da approvare o meno. Siamo stanchi di essere vincolati dalle firme dei soli tre dirigenti confederali.