La valutazione individuale è davvero l’unico strumento per la valorizzazione del personale, per il riconoscimento del suo impegno e per la verifica della qualità dei risultati conseguiti?
Secondo noi NO.
Per giunta, nel nostro piccolo, la valutazione non è richiesta né dalla legge né dai contratti.
Da decenni ormai ci raccontano la mistica della valutazione. Di quanto è utile al lavoratore stesso conoscere il livello delle sue prestazioni per migliorarsi! Si sprecano fiumi di parole e si riempiono intere librerie. Ma l’unica evidenza scientifica, vissuta sulla nostra pelle, è che lavoriamo sempre peggio e in ambienti lavorativamente insani (vedi indagini sul clima organizzativo o lavorativo).
Tanto premesso, ci si chiede se è accettabile una ulteriore mistificazione del concetto di valutazione individuale, quando la stessa viene incentrata esclusivamente sui comportamenti individuali del lavoratore e non è nemmeno agganciata ad uno straccio di valutazione di performance organizzativa.
Come già provato e per esperienza, la valutazione sui comportamenti individuali, se va bene, è di “natura percettiva del valutatore”. Anzi spesso si assiste a valutazioni del tutto arbitrarie oppure inique, che non colgono né rappresentano il lavoro del dipendente né la sua professionalità in quanto focalizzata su alcune voci – comportamentali – non rappresentative, proprio perché tali voci non sono – oggettivamente – messe in relazione ai contesti organizzativi.
Così è stato anche per le valutazioni ai fini PEO: posto che i parametri saranno gli stessi, uguali sanno i risultati… davvero non scatteranno confronti con il “vicino di banco”? E soprattutto, A COSA SERVE TUTTO QUESTO?
Ne parleremo in modo più approfondito. Al momento, evidentemente l’obiettivo è solo quello di dire che sì la valutazione la stiamo facendo. In sostanza, si colpiscono i lavoratori, tutelando i vertici di I, II e III livello e le relative indennità. Per noi le valutazioni saranno fatte a caso e dovranno essere differenziate. Mentre ai responsabili invece si continuerà a garantire pagelle con voti eccellenti (e il massimo delle indennità). Ma come fanno ad essere se i responsabili sono eccellenti
Tra il dire e il fare…
Da Statuto, l’Ateneo valorizza le competenze, le capacità professionali, l’impegno, il merito di chi opera al suo interno.
A volte, però, la teoria è una cosa, la pratica un’altra.
Guardiamo per esempio alle PEO. In Unibo, il passaggio all’interno di una categoria professionale ha tempi lunghissimi (certo c’è stato anche il c.d. blocco delle progressioni, ma se i contratti aziendali non finanziano gli istituti – quantomeno – nella misura prevista dal CCNL forse i Confederali dovrebbero dire qualcosa).
Come sappiamo poi, fino ad oggi, le PEO sono state vincolate – sempre grazie all’Accordo firmato da CGIL, CISL e UIL – ad una valutazione dell’anzianità di servizio che, contrariamente ad ogni logica, prevede un vantaggio per i colleghi in posizione economica più bassa.
Infatti, non si valuta l’anzianità complessiva (ovvero il calcolo degli anni di lavoro in Unibo), ma si conteggiano gli anni in cui in dipendente è collocato in una determinata categoria economica (ovvero, per es. da quanti anni un dipendente è C1, C2, C3 e via dicendo) e attraverso la “geniale” ponderazione contenuta nell’Accordo citato snaturando del tutto il concetto di anzianità di servizio.
Ma questo noi lo abbiamo denunciato da subito: leggi il nostro comunicato del 24 giugno 2019 – “LE PE(ggi)O PIU’ PE(ggio)O… SOLO IN UNIBO!!!“
Lo ribadiamo, questo paradosso, che implica una svalutazione di chi ha una maggiore anzianità di servizio, è stato voluto dai rappresentanti CGIL, CISL e UIL. Ricordiamocelo alle elezioni per la prossima RSU.
Considerando che la vita lavorativa di un dipendente è di circa 35-40 anni occorre individuare altri strumenti per valorizzare il merito e far sì che il dipendente possa crescere professionalmente ed avanzare di livello, come avviene nel settore privato ma anche nel comparto della sanità, in cui vengono adottati meccanismi automatici di passaggi di categoria con conseguenti scatti stipendiali.
Infatti, a scanso di equivoci, chiariamo che la nostra posizione è sempre la stessa: CUB è per il ripristino degli scatti di anzianità automatici. Le PEO sono solo artifici tecnocratici concordati fra confederali e datori di lavoro per risparmiare su chi lavora e per garantirsi i soldi da centellinare ad personam solo ai più ubbidienti!
Ma ci sono anche le PEV
Qualche sindacato noto, negli ultimi anni, ha orientato sulle PEV la propria azione. Così che negli ultimi contratti integrativi aziendali ci siamo ritrovati a leggere qualche filastrocca proprio sulle PEV.
Siccome il fondo accessorio è tutto finalizzato ad indennità e straordinari (che sono premi solo per qualcuno) e non sulle PEO (che sono per tutti) le PEV sono servite per “addomesticare” noi lavoratori…
CUB è per la garanzia di progressioni verticali per tutti/e in funzione delle attività svolte (quindi anche per chi non ha titoli corrispondenti).
Peccato che anche le PEV saranno per pochissimi fortunati… non ci saranno, infatti, come qualcuno sbandierava, meccanismi automatici per il riconoscimento del corretto inquadramento in ragione delle mansioni effettivamente svolte.
Ricorderete bene le nostre critiche al regolamento (leggi il nostro comunicato del 3 aprile 2019 – “Peo, pev, pec… hic, haec, hoc!“), nonché lo scandalo delle bocciature nel concorso di progressione da B a C (leggi il noastro comunicato del 12 marzo 2021 – “LE MIGLIORI PEV DEL MONDO SI FANNO ALL’UNIBO”).
Quel che ad oggi si è visto insomma è più che bastato.
Ora, che siamo al “ri-bando” per i passaggi da B a C e che siamo prossimi all’avvio delle procedure da C a D, quelle che numericamente coinvolgeranno più colleghi, prima di restar con l’amaro in bocca dopo tante promesse, abbiamo ribadito alcune semplicissime richieste per migliorare il regolamento e quantomeno per poter sperare in uno svolgimento trasparente delle selezioni.
Evidenziamo la responsabilità di chi ha accordato, “concertato” e voluto la situazione attuale (Governi? Confederali?). La meritocrazia sbandierata (a senso unico per i motivi già detti), per quanto ci riguarda, rappresenta solo l’ennesimo strumento confederale/filo governativo per dividere et imperare.
LEGGI LA NOSTRA DIFFIDA
Ciò che di solito accade ormai è sotto gli occhi di tutti: le nostre proposte/richieste restano sempre senza riscontro. E chi paga il conto non sono solo i lavoratori, ma la stessa Amministrazione che resta imbalsamata su posizioni e istituti che danneggiano l’Ateneo stesso.
Pensiamo al telelavoro flash: non sarebbe stato più semplice attuare il lavoro agile a rotazione per tutti già da novembre come abbiamo chiesto con lo sciopero aziendale?
SECONDO VOI AVREMO ALMENO UN RISCONTRO SUL TEMA DELLE PEV??
IL RETTORE IN CAMPAGNA ELETTORARE PROMISE “PEV regolari, veloci e trasparenti” e “pari opportunità per combattere la crescente e motivata insoddisfazione del personale”, SARÀ COSÌ DA SUBITO?