Il 7 ottobre ha avuto luogo l’incontro obbligatorio con la Prefettura di Bologna alla presenza del Viceprefetto, delle sigle sindacali e dei rappresentanti della parte datoriale.
L’incontro è stato fissato in seguito al rinnovo dello stato di agitazione, integrato il 28 settembre dalle due sigle sindacali CUB e USB promotrici dello stato di agitazione già attivo in Ateneo dal mese di giugno.
Le motivazioni sono spiegate qui [SCARICA IL PDF] e possiamo riassumerle nella richiesta di maggiore collaborazione, trasparenza, chiarezza e correttezza nelle relazioni sindacali.
Di seguito riportiamo la sintesi dell’incontro.
Al termine di due ore di discussione l’incredibile proposta avanzata dal Direttore generale è stata quella di individuare una data di incontro, da svolgersi in Ateneo tra l’Amministrazione e tutte le parti sindacali. Questo sottolineando senza vergogna, in più di una occasione, come attenzione ad inclusione, condivisione e trasparenza abbiano caratterizzato il proprio mandato nella gestione delle relazioni sindacali, ma era proprio dall’incontro in Prefettura che ci saremmo aspettati riscontri concreti e fattivi. Anche in considerazione del fatto che, se l’Amministrazione avesse voluto convocare le parti sindacali già prima della fine dell’estate per dare dei riscontri alle richieste sollevate, molte tensioni si sarebbero potute evitare.
Il ruolo della Prefettura è quello di negoziare e cercare modi per dirimere i problemi. Ma è sembrato per lo più una sorta di “brunch aziendale” con il Viceprefetto che si ricordava di servire tè e biscotti solo al Direttore generale.
Come può la Prefettura considerare come proposta di conciliazione un semplice “dai ne riparliamo a casa”?
Nessuna delle nostre proposte è stata accolta, nemmeno quelle più semplici che attengono semplicemente ad obblighi informativi [SCARICA IL PDF]. La richiesta di dati di bilancio è stata eclissata con la scusa che il Bilancio è pubblico, senza considerare che è impossibile guardare dentro delle voci macro aggregate.
Alla richiesta delle certificazioni dovute per legge, si è risposto che le certificazioni non sono dovute se non ci sono risparmi di spesa. Ma come si fa a dire che il risparmio è zero se non si attiva il procedimento di accertamento e certificazione?
Nemmeno la proposta di istituire dei “punti tamponi” per tutti i lavoratori interessati è stata accettata.
Sulla proposta di tamponi gratuiti il Direttore generale ha opposto il rischio di incorrere nel danno erariale. Possiamo dire lo stesso riguardo le operazioni di verifica GP per effetto dei contratti di potenziamento dei servizi di vigilanza stipulati con diverse aziende private per l’istituzione dei check point dentro le strutture? Ricordiamo che le norme escludono categoricamente il fatto di spendere soldi ulteriori per le operazioni di verifica.
È noto inoltre che l’art. 15, comma 2, D.Lgs. n. 81 del 2008 sancisce che i costi per il mantenimento di luoghi di lavoro salubri non devono ricadere sul lavoratore. E questo vale non solo per i tamponi ma anche per quelli che la normativa chiama “dispositivi facciali filtranti”. Per quale motivo molti lavoratori si stanno facendo carico di acquistare a proprie spese le FFP2 o anche solo le FFP1 o le chirurgiche? Non basta quanto i lavoratori hanno speso da inizio pandemia per attrezzarsi per lavorare da casa o in presenza?
E mentre oggi sappiamo che, grazie all’intervento di alcune reti prefettizie competenti, il Ministero degli Interni ha raccomandato di mettere a disposizione del personale afferente alle Autorità Portuali test molecolari o antigenici rapidi gratuiti [SCARICA IL PDF], il Viceprefetto di Bologna, con atteggiamento coercitivo ed arrogante, ha bloccato la discussione sul merito del sistema di verifica GP in Ateneo riducendo la verifica ad un banale, mero, adempimento burocratico, ignorando le questioni sulla sicurezza poste da CUB e USB.
Per noi è solo un’occasione mancata per tutt@. In cui si sono travisati i fatti esposti e non vi è stato un reale obiettivo di negoziazione, dove sono state imposte alcune interpretazioni normative eccessivamente restrittive per quanto il luogo di discussione fosse invece quello giusto.
Quindi? Con quale organo dovrebbe avvenire, secondo loro, l’ulteriore incontro aziendale? Con la RSU? Che CGIL, CISL e UIL, attraverso consolidati e abili giochi di prestigio, riescono sempre a NON far funzionare? Ma questo la Direzione dell’Ente (almeno Rettore e Direttore Generale) lo sanno molto bene, pure troppo. Dato che non perdono occasione per ricordarci, ad ogni seduta, quali siano i loro interlocutori “preferiti”…
Un elemento tra i più semplici per comprendere lo stato delle relazioni sindacali in UNIBO è rappresentato dal muro di gomma che l’Amministrazione oppone alle legittime richieste degli RSU di CUB e USB di poter accedere alla sede delle riunioni RSU, le cui chiavi sono in dotazione delle sole sigle CGIL, CISL e UIL. Tale questione è stata frettolosamente derubricata dal Direttore Generale come incomprensione all’interno della RSU e pacificamente ignorata dal delegato del Prefetto, peccato che tale “incomprensione” duri da moltissimi anni e che il Direttore Generale dimentichi che lui stesso aveva dato parere positivo in trattativa e via e-mail. Forse è intervenuta la manina di CGIL o CISL per fargli rimangiare la parola?
Per questi motivi CUB e USB hanno legittimamente deciso di non interrompere lo stato di agitazione fino a quando non ci saranno riscontri concreti da parte della direzione e non sarà ripristinato un rispettoso e corretto principio di democrazia sindacale. A partire dalla discussione nel merito delle richieste presentate a partire dalla scorsa estate.
ALLA LUCE DI TUTTO QUESTO L’AMMINISTRAZIONE CON IL SUO ATTEGGIAMENTO COSA INTENDE PROVOCARE?
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